Versiliadanza

Versiliadanza è tra i collaboratori di

Apocalisse in Boboli 

Da un’idea di Eike Schmidt
Regia di Riccardo Massai
Associazione Culturale Archetipo | Elsinor centro di produzione teatrale 

 

 dal 27 settembre al 30 settembre dalle ore 14:00 alle ore 17:30 
Giardino di Boboli, Firenze 

Apocalisse è l’ultimo libro de La Bibbia: libro della Parola di Dio. Apocalisse significa “rivelazione”, è dunque spazio di contrasto, di bellezza e crudeltà, caos della terra e ordine del cielo. Apocalisse è un ossimoro, una solitudine piena di gente, una tensione eterna.
Essa contiene in sé il tema del giudizio: è qui e ora, dentro ogni uomo credente o no: infatti il giudizio è la vita che stiamo vivendo, si può sperare nella misericordiosa giustificazione di Dio oppure avere in noi stessi la propria ricompensa o pena. Quindi diventa preghiera collettiva per attori contemplanti e per un pubblico come assemblea/umanità che ascolta; una grande sacra rappresentazione dove sacro e profano si mescolano, dove si vede
la parola e si ascolta la visione. Contemplante è colui che contempla e profetizza la rivelazione, cioè Giovanni, la cui figura viene qui divisa per sei attori in sei stazioni.
Questo rito contemporaneo rivela un cammino di salvazione: infatti anche se tutti dobbiamo morire, Apocalisse dice a ciascuno di noi: “io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma il suo nome riconoscerò davanti a mio Padre e davanti ai suoi angeli!”
Quindi chi di noi non ha vissuto?

Apocalisse è anche un libro storico e politico: l’anno di scrittura si presume sia nel decennio del 90 d.C., nel pieno della dominazione romana; si prospetta una fine di questo dominio con il trionfo del regno cristiano.
Il testo è integrale ed è stato da me curato per la scena mettendo a confronto varie traduzioni, dalla canonica CEI a quella curata da Enzo Bianchi, all’interconfessionale, a quelle di altri traduttori.

L’evento performativo è pensato per offrire una vera e propria immersione nelle visioni di Giovanni, scandite in unità narrative chiamate settenari; ma lo spettatore è invitato a immergersi in ciò che vede e ascolta, senza voler necessariamente comprendere
ogni passaggio se non attraverso la propria sensibilità: non esiste in alcune parti un’interpretazione oggettiva.