Versiliadanza

Giovedì 5 Dicembre, alla Fabbrica del Vapore di Milano, torna in scena Verso La Luce, la prima creazione del nostro coreografo stabile Leonardo Diana. All’interno del NAO Performing Festival, organizzato dalla Compagnia AIEP, diretta da Ariella Vidach.
Lo spettacolo, dopo più di 10 anni dal suo debutto, si presenta al pubblico in una nuova veste più “contemporanea” grazie alla rivisitazione di alcune parti coreografiche.

SINOSSI
Il coreografo ed unico interprete Leonardo Diana è accompagnato dalle musiche originali di Andrea Serrapiglio e Luca Serrapiglio.
Il lavoro di Diana si compone di tre quadri. Nel primo, il corpo dell’attore dialoga col suo doppio psichico, nel secondo, abbandonato a se stesso, si snoda e si contorce come un meccanismo difettoso, infine cambia pelle per rinascere in una nuova dimensione.
Spettacolo di formazione, si potrebbe anche dire, includendovi il suo senso letterale di passaggio da una forma ad un’altra. Più estesamente, Diana parla, ma senza parole, della condizione umana, dell’uomo disorientato e della sua ossessiva ricerca di un’identità.
In questi tempi di vita liquida, per citare il filosofo Bauman, l’identità è caratterizzata dall’instabilità, dal continuo fluttuare verso nuovi stadi che, azzerandosi ogni volta, annullano le precedenti acquisizioni in un processo potenzialmente senza fine. Ma se l’identità è costituita propriamente dal suo permanere, dal suo essere costante nel tempo, l’uomo contemporaneo sembra per questo averla persa, senza però aver rinunciato a cercarla.
Lo spirito, costantemente assoggettato al nuovo che sempre incombe, incapace così di costruirsi un vero e proprio orizzonte esistenziale, sembra aver demandato il problema dell’identità al corpo, al suo semplice apparire e situarsi. L’identità si configura allora come la giusta postura da assumere di volta in volta, per collocarsi e posizionarsi adeguatamente in un mondo in mutazione continua. Di questo sembra parlare il bel lavoro di Diana.
Ma come può il corpo da solo assumersi questo compito? Non può, è la risposta implicita dell’autore. E’ come se a quel corpo, che sulla scena vediamo stendersi e contrarsi senza posa, mancasse il libretto delle istruzioni che lo informasse del suo corretto funzionamento e del ruolo che gli spetta, ruolo che prima di tutto, sarebbe definito e garantito dal gesto appropriato, dal modo giusto di disporsi all’interno dello spazio e alla presenza degli altri.

“La soluzione del dramma moderno sta proprio nel rinunciare al confronto, per opposizione, con l’altro da sé, e dissolversi nello strato indistinto e profondo della realtà”.